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sabato 15 giugno 2013

I maestri, capitolo 2: Smemoranda, l'esselunga e Leonard Cohen

A 15 anni mi abbonai alla rivista di Smemoranda. Si chiamava SBS - Smemoranda brothers and sisters, un titolo che fa molto anni '90. E infatti erano gli anni '90. Era gratis, si trovava il tagliandino sull'agenda. Era una rivista molto interessante, che trattava temi “giovanili” in maniera meno scema di quello che all'epoca faceva Italia uno. SBS lasciava spazio alle velleità letterarie dei lettori, pubblicava (ovviamente) le loro lettere, e nella rubrica errare è umano, ma ti fa sentire divino pubblicava le esilaranti cazzate che alunni e prof dicevano a scuola. Mandai al giornale lettere e racconti; non pubblicarono nulla. Ma pubblicarono le cazzate che inviammo dalla mia classe, di cui teneva diligentemente nota il mio compagno di banco Giorgio Montanari. Fummo l'orgoglio della terza elle. In una rivista giovanile non poteva mancare lo spazio musicale. Fu da quelle pagine che vidi sporgersi per la prima volta il volto del sosia di Dustin Hoffman; in un trafiletto ad angolo di pagina, appariva la copertina di More best of Leonard Cohen.



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Separati alla mescita

Due righe abbastanza anonime dedicate all'artista completavano il quadro. Fu abbastanza per incuriosirmi. La settimana dopo accompagnai la mia mamma a fare la spesa all'esselunga, e nella sezione cd (che all'epoca era figa quasi quanto un negozio di dischi) mi imbattei proprio nella copertina che avevo visto la settimana prima su SBS. Infilai il cd nel carrello; mia madre non mi ha mai viziato, ma riguardo a libri e dischi era molto liberale, le faceva piacere che io leggessi e ascoltassi.
Quello fu il mio primo incontro con Leonard Cohen. Mi lasciò sconvolto, quasi svuotato. Provai al cospetto dei suoi testi quella sensazione che si dovrebbe provare al cospetto del sacro – e non è un caso, oggi lo so: Cohen prende molti ingredienti dall'ambito del sacro per usarli nella sua arte.
In pochi giorni imparai sulla chitarra tutte le canzoni del cd. I miei voti in inglese, già implementati dall'incontro con Bob Dylan (ne parlerò), ebbero un'impennata.

leonard cohen more best of
Purtroppo non conservo più la rivista,
ma conservo ancora il cd e la chitarra

Cohen ha iniziato a far dischi tardi, a 34 anni, ma prima era già noto come poeta e come scrittore; non è un autore molto prolifico, dal 1968 a oggi ha pubblicato solamente 13 album di inediti. Ma la qualità di ogni singolo lavoro è elevatissima. Nel 1997 uscì in Italia Stranger music, un'antologia degli scritti e delle canzoni di Cohen compilata dall'autore stesso con integrazioni e varianti che differivano dagli originali già editi. La comprai nel 2000, l'ultima copia della Feltrinelli. L'unico titolo di Cohen presente nella libreria, una rimanenza già fuori catalogo. Il ritorno di Cohen nelle librerie iniziò nel 2002, a opera di Fazi Editore, seguita a ruota da Minimum Fax e Fandango; tutti sul pezzo, perché Cohen era appena tornato a far dischi dopo 10 anni di silenzio.


La copertina di Stranger Music



Stranger Music è un libro che mi ha cambiato la vita, forse il mio secondo libro sacro, dopo il millenote giallo. Lo leggevo assiduamente ascoltando i dischi di Cohen, mi fissavo sulla sua pronuncia, mi concentravo sulle varianti e sul labor limae dell'autore. Come sempre, trascurando la scuola (tranne latino).
Leonard Cohen mi ha accompagnato dall'adolescenza in poi, la sua opera mi è cresciuta dentro. È un autore in cui mi sono riconosciuto nei momenti più disperati, più gioiosi, comunque indelebili. Credo che sia stata la sua influenza a spingermi verso lo studio dell'ebraico. E al primo anno di corso di ebraico ho conosciuto Alice, la mia ragazza, con cui adesso convivo felicemente. Per stare con lei sono andato via da Parma. Quindi in ultima analisi è colpa di Cohen se adesso vivo a Milano... e di colpo non so più se volergli bene o no!

Ma mi sa che lo posso perdonare. Quel che spero è un giorno di avere su qualcuno l'effetto che lui ha avuto su di me. Una speranza ambiziosa.
A presto con nuovi maestri!

giovedì 13 giugno 2013

I miei maestri, capitolo 1: Francesco Guccini

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Quando dico che sono un cantautore, mi si chiede spesso che tipo di musica faccio. È una domanda a cui rispondo con difficoltà, perché faccio canzoni che hanno la loro maggior identità nella composizione dei testi, ma che musicalmente e come sonorità spaziano anche di parecchio. Il che è una peculiarità un po' di tutti i cantautori: prendiamo la discografia di De André e cerchiamo di dire che genere faceva. O anche quella di Guccini, che musicalmente si è mosso molto meno, ma che non può certo rimanere rinchiuso nei termini di folk o beat delle origini. A volte però dico proprio “faccio musica beat”, perché è un'espressione antiquata quanto la domanda a cui risponde!
Da quando ho iniziato a frequentare Milano, e ancor di più da quando ci vivo, mi sento dire spesso che ricordo Guccini. Sarà l'accento emiliano, sarà che ho la barba più lunga, sarà che ho i capelli più corti e che per le mie navi son quasi chiusi i porti. L'amico Max Manfredi mi ha detto che secondo lui è per il tipo di versificazione che uso. È possibile, anche se dalla seconda metà degli anni '80 le “parole per verso” del Maestrone si sono moltiplicate in modo esponenziale, (1964, scriveva l'incipit “Ho visto la gente della mia età andare via lungo le strade che non portano mai a niente”; 1987, “Ma come vorrei avere i tuoi occhi spalancati sul mondo come carte assorbenti e le tue risate pulite e piene quasi senza rimorsi o pentimenti”, e via di broncodilatatori) mentre io mi attengo a una metrica più quadrata. Che non è meglio né peggio; anzi no, a giudicare i miei risultati rispetto ai suoi è peggio. Vabbè. Comunque, il discorso che volevo fare all'inizio è che secondo me, per rispondere meglio alla domanda “che musica fai”, vale la pena di spendere due parole per quelli che sono i miei “maestri”. Farò alcuni post, ognuno dedicato a uno di loro. E il primo lo dedico proprio a Francesco Guccini.

francesco guccini

Guccini è stato il primo cantante che ho amato. In casa mia non si ascoltava molta musica, ma mia mamma ascoltava un sacco Guccini. E mi portava anche spesso ai suoi concerti: ne ricordo uno, che devo aver visto proprio da piccino piccino, perché mi addormentai mentre lui suonava. Ed ero stato io a volerlo andare a sentire, perché mia madre mi faceva addormentare cantandomi Il vecchio e il bambino. Che nell'idea di Guccini parlerebbe di una passeggiata in un mondo post-apocalittico. E io mi commuovevo sempre tanto, e piangevo sul finale. E uno fa due più due e si spiega come mai son venuto su così fuori di melone.

Quando iniziai a studiare chitarra classica avevo 12 anni. Mi facevano fare un sacco di esercizi, che solo molto più tardi mi sarei accorto quant'erano utili. Io mi stufavo perché non capivo in che modo fare plin plin plin sulle corde singole mi fosse utile, quando Guccini dava delle mazzate alle corde tutte assieme e faceva delle robe molto più belle. Così mollai il corso dopo due anni. Poi scoprii che quelle “mazzate alle corde tutte assieme” si chiamavano accordi, e che non era così difficile farli. Mi comprai un libretto degli accordi, con tutte le posizioni immaginabili. Mio zio Pietro (che ha fatto la foto di copertina di Testuggini) mi prestò un canzoniere tascabile di Guccini. Passai la prima superiore a studiare l'opus Guccinii anziché le materie di scuola (solo il latino). Le prime volte che suonavo la chitarra in compagnia sapevo fare solo canzoni di Guccini. Questo mi diede presto la possibilità di studiare la chitarra incessantemente senza essere distratto dagli amici.
Rinnovai il repertorio grazie al millenote (che credo sia una pubblicazione clandestina, oltre che fatta un po' con le chiappe, che abbiamo avuto tutti).



rocco rosignoli millenote
Il mio vissutissimo Millenote


Quel millenote è stato il mio libro sacro per un sacco di tempo; assieme a un altro librone di spartiti di Guccini, un po' più accurato di quello su cui avevo imparato i primi pezzi. In quel periodo della mia vita, oltre a suonare quasi esclusivamente Guccini, ascoltavo quasi esclusivamente i suoi dischi (anzi, le sue musicassette). E forse questo, più che l'accento e le altre questioni, spiega come mai io lo ricordi tanto a chi mi sente: è un autore che ho dentro, fin nel profondo. È stato il primo che ho ascoltato in maniera sistematica, dalle sue origini fino ai dischi a me contemporanei. Più tardi spesi paghette su paghette per comprarmi tutti i cd originali (che tra l'altro erano stampati un po' con le chiappe pure quelli, coi libretti che avevan le pagine in sequenza casuale, refusi a go-go, testi tagliati a metà... grazie EMI).

Guccini è stato senz'altro il primo grande maestro da cui ho scelto di imparare. Che poi io ne sia stato in grado è tutto un altro discorso. Da qualche mese si sa che non canterà più. Ma a dirla con sincerità, la cosa mi lascia abbastanza indifferente. L'amore che porto alla sua opera non cambierà, e i suoi dischi sono ancora lì (non più in cassetta, non più in CD, ormai li ho tutti acquisiti su iTunes). Sarà che, come diceva Guccini stesso dall'alto della sua saggezza:

    La canzone è il fatto di un momento, che serve per altri momenti.

Il momento per il quale sono servite a me le sue canzoni è stato intenso, cruciale, decisivo. E se mi piace ciò che sono oggi, il merito va anche a quelle canzoni, che per un adolescente un po' complessato avevano forse più peso delle sagge parole della mamma e dello zio.
Dice ancora Guccini delle canzoni:

    Non ci sono né trascendenze né messaggi; le canzoni sono cose semplici anche se si possono fare ugualmente con molta serietà come ancora spero e mi illudo di fare.

Ora che Guccini ha scelto di non cantare più, vorrei fare mie queste parole, questa speranza, questa illusione. Non per farmi suo erede (magari!), ma per seguire il suo esempio, quello di chi ha costruito un'estetica della canzone nell'arco di una carriera ultracinquantenaria, con intelligenza e saggezza. Senza perdere la semplicità. Spero, in Testuggini, di esserci riuscito.


francesco guccini

Domani, 14 giugno 2013, Francesco Guccini compie 73 anni. Gli faccio i miei auguri e, sperando che gli arrivi, gli mando il mio immenso "grazie".

lunedì 10 giugno 2013

E il Pelo perse il vizio...

Dopo l'intervento di Enrico Fava, anche Francesco Pelosi manda il suo contributo per il blog di Testuggini! Io leggendolo mi sono scompisciato e commosso dall'inizio alla fine.




Io e Francesco Pelosi a Sasso Marconi il 25 aprile 2013



Io e Rocco abbiamo molte cose in comune: siamo nati entrambi a Parma e entrambi abbiamo una madre che si chiama Annamaria (anche se non è la stessa persona). Poi Rocco comunque ha lasciato queste strade come io non ho fatto.
Rocco suona benissimo la chitarra (e dà pure lezioni), il bouzouki, l’oud, il mandolino e se ne ha voglia il violino. Sa anche suonare il basso e la concertina e alcune altre cosette. Io so a malapena accompagnarmi con la chitarra. Però entrambi scriviamo canzoni e cantiamo e soprattutto abbiamo una spiccata attrazione per i seni grossi e per le battute volgari e scorrette. In particolare ci piaceva un casino farle su una nostra amica morosa di un nostro amico. Per quanto riguarda i seni grossi invece, ultimamente sia io che lui ci siamo dati una calmata.
Rocco ha un bungalow a Berceto e io no, però sono stato molte volte ospite lì. Una volta gli ho fatto sentire le mie canzoni e lui le sue a me, un’altra volta siamo scivolati su una lastra di ghiaccio piantandoci una culata pazzesca e un’altra volta ancora insieme ad Attilio Poletti abbiamo fatto litri e litri di vin brulè. Un tempo io bevevo molto e a volte anche Rocco, ora lui beve coche-cole e io tisane. Entrambi ora abbiamo più anni di un tempo.
Una volta ho visto Rocco andare a ordinare due Pernod al bancone di un bar e un secondo dopo l’ho visto avvinghiato a una tipa che limonavano selvaggiamente (poi scopersi che sarebbe diventata la sua ragazza). Io e Rocco insieme ad Attilio Poletti e Lorenzo Guerci avevano un gruppo di cantautori chiamati Ottomani per la frenesia con la quale conducevamo i nostri pomeriggi sul divano e poi io e lui abbiamo avuto un altro gruppo chiamato il Canzoniere delle Stagioni con un tipo stranissimo di nome Alessandro Stocchi. Quello è stato il nostro periodo di maggior successo: tutti i comunisti di Parma ci volevano a suonare e ci pagavano pure. Abbiamo passato così un paio di anni, poi abbiamo inciso un cd ma non suonavamo più e così ce li ho ancora tutti in cantina (i cd).
C’è stato poi un momento nel quale ho avuto una crisi mistica e sono andato in montagna dal nostro amico Andrea Peracchi e con Rocco ci siamo un po’ persi di vista, anche se venendo in montagna una volta, Rocco ha avuto l’occasione di scrivere
Il cane e la serpe che troverete in Testuggini. Tra l’altro parlando di Testuggini penso che mai titolo fu più appropriato per un disco di Rocco perché lui è testone da morire, a volte quasi peggio di me. Infatti un’altra cosa che abbiamo in comune è che siamo due teste di cazzo patentate, spesso, come i pompieri, la sbattiamo contro il muro per vedere chi vince.
Un’altra cosa che abbiamo in comune è che ci piace molto la sua canzone sulle Poiane che troverete sempre in testuggini e una cosa che vorrei avessimo in comune è il cantare la canzone che, ripeto, è bellissima. Ha due grandi pregi (la canzone), io credo: il primo è che esprime sentimenti profondi di Rocco in una maniera diversa dal solito, più vicina a chi ascolta, e il secondo è che il ritornello dice una grande verità su se stesso (Rocco): non voglio guardarmi dentro, ve lo dico, lo so, quindi positivisti, terapeuti a tutti i costi, non rompetemi le palle. Preferisco restare al tuo fianco e sapere che ci sei (Alice). Ecco, un’altra cosa in comune è che nelle canzoni ci piace dire le cose come stanno. A volte lui lo fa usando parole che non si capiscono tipo “Giuseppe”, “cataletto”, “crasi” o “Francesco Pelosi” però questo non vuol dire che non lo faccia bene, anzi. Tra l’altro, da quel poco che ho sentito, ho l’impressione che questo Testuggini sarà bellissimo anche se giunge in un’ora buia e triste come questa che vede la chiusura del Materia off. L’ho scoperto ieri e ci sono rimasto malissimo. Tra l’altro io e Rocco ci siamo conosciuti lì e penso di esprimere il parere di entrambi dicendo che suonare al Materia off era sempre molto bello e stimolante (la gente ascoltava!!!).
Concludo quindi questo mio apprezzamento su Rocco e sulla nostra amicizia dicendogli che mi piacerebbe molto risentire dal vivo Delendae e Maramaldo, se per favore il 28 giugno a Torrechiara me le fa.
Mica ti ho chiesto Io vagabondo o Tanti auguri a te, dai!

Francesco Pelosi

P.S. una volta a una festa di compleanno di un ricco cinquantenne ho veramente visto Rocco suonare Tanti auguri a te. Ci pagavano ma io lo lasciai luridamente solo in questa performance con la scusa che non avevo voce.




rocco rosignoli francesco pelosi soragna sofringe incontro
Correva l'anno 2009... invecchiando siamo migliorati!



Come sapete, in Testuggini ho inciso un brano di Francesco, Ode alla giovinezza, che abbiamo cantato a due voci. Lui ha da poco pubblicato un CD con gli Emily, I cantari della guerra silenziosa, di cui in internet si trovano poche tracce. Ma potete chiedere di più direttamente a lui: dopo aver vissuto tanti anni nella convinzione che iscrivendosi a facebook la CIA l'avrebbe perseguitato (come Hemingway), il Pelo si è iscritto al social network la settimana scorsa (c'è speranza). Chiedetegli l'amicizia!

venerdì 7 giugno 2013

L'APPENNINO, la mia piccola terra dell'anima



Il posto dove ho scritto la prima canzone non è un posto qualsiasi. E non potrebbe mai esserlo. È un luogo che per me ha un alone sacro, pieno di storia, di meraviglia. Il posto dove ho scritto la prima canzone è l'Appennino.
Ci sono musicisti ben più illustri di me che hanno legato il loro nome alla cresta appenninica: penso ovviamente a Francesco Guccini, che per me è stato un faro; ma anche a Giovanni Lindo Ferretti, che vive al Cerreto, il paese di mia nonna; e al suo ex collega Massimo Zamboni, che vive a Carpineti. La vicinanza alla montagna è un legame che non si scinde, anche standone lontani. E ora che vivo a Milano, quel legame lo sento ancora più forte.
Il posto dove ho scritto la mia prima canzone è un campeggio. In Val Baganza, a pochi chilometri dal Passo della Cisa, c'è il paese di Berceto. Lì ho trascorso tutte le mie estati, praticamente nessuna esclusa. Fino ai miei 12 anni la mia famiglia affittava una casa al Poggio di Berceto, ai piedi di un fortino ottocentesco che fino a qualche anno fa era nascosto da una splendida pineta. Ho usato una sua foto come copertina nel mio cd Le farmacie di turno.




La copertina di Le farmacie di turno



La scritta “farmacie” appare davvero sulle mura del fortino. Ormai è quasi illeggibile, ma quando d'inverno gela ricompaiono abbastanza netti i suoi contorni. La frase per intero è “vogliamo due farmacie”, in un colore arancione sbiadito. Mi ricordo di quella scritta da sempre, già sbiadita quand'ero bambino. Non credo che riuscirò mai a scoprire chi ne sia stato l'autore, né il perché di una rivendicazione che suona tanto bizzarra.
Oggi il mio posto in Appennino è una casetta di legno, 30 metri quadri. Era il regno assoluto di mio zio Nasario, l'autore del bouzouki e del mandolino. In quel posto ho conosciuto alcuni tra gli amici migliori che ho: Ribamar e Attilio, con cui ho condiviso tante missioni (perlopiù suicide) nel mondo della musica e tentato di “far cultura1 in tanti modi. Riba è un mostro dell'audio engineering e ha curato la postproduzione e il mixaggio di Testuggini, impreziosendolo. Attilio sarà mio ospite alla serata di presentazione, canteremo insieme un suo brano, che eseguimmo innumerevoli volte dieci anni fa, quando militavamo insieme nei Preadamiti.
A Berceto, davanti a qualche birra, trascorsi un lungo e bellissimo pomeriggio di inizio estate con Francesco Pelosi, durante il quale mi fece sentire i suoi Cantari della guerra silenziosa nella loro prima versione, ormai cinque anni fa. Ancora non ci conoscevamo quasi, lì nacque la nostra intesa e la nostra amicizia, davanti ai monti che ci guardavano e attraverso cui la sua voce potente si propagava per boschi e per valli, spaventando i fugazzolesi2 ignari.




Il panorama dalla mia casetta

La mia vita è legata a questa valle, ai crinali che la contornano. Ho scritto tante canzoni, tante poesie qui. Anche in tempi recenti: delle canzoni di Testuggini ben quattro sono state scritte in questo posto. Fin da bambino tra questi monti mi sono emozionato, ogni volta come se fosse la prima, vedendo in cielo il volo di una poiana. E a questa piccola casa di legno ho dedicato questa canzone, che sarà in Testuggini, il Canto delle poiane.







1. L'espressione “far cultura” è rischiosa e infida; prendiamola per quello che è, senza darle troppo peso in questo contesto, ne potremo ragionare assieme altrove! :)
2. Fugazzolo è il paese che a Berceto sta perfettamente di fronte alla mia casa, ma sull'altro lato della valle.

giovedì 6 giugno 2013

Cantando con Francesco Pelosi...

Cari amici di Testuggini, vi ho già raccontato del primo ospite del disco: Enrico Fava. Oggi invece vi voglio raccontare dell'altro ospite, Francesco Pelosi.




Francesco Pelosi incide Ode alla giovinezza nel mio home studio di Parma



In Testuggini ci sarà un brano di sua composizione, Ode alla giovinezza. Il pezzo è una conversazione tra i poeti Byron e Shelley, sorpresi da una tempesta nelle acque del porto di Genova. Ho cercato di rendere l'atmosfera mediterranea dell'ambientazione usando gli strumenti etnici che so suonare: bouzouki, oud, mandolino, perfino un violino plettrato. Il pezzo è cantato a due voci, come tante volte lo abbiamo interpretato dal vivo da quando abbiamo iniziato a esibirci insieme (guadagnandoci l'appellativo de "I Simon & Garfunkel del bouzouki"), come testimonia questo filmato dal suono abominevole:





Il filmato risale all'estate del 2009. In occasione del Parma Poesia Festival, Repubblica Parma aveva voluto immortalare alcune "pillole di poesia" tratte da uno spettacolo con cui giravamo all'epoca.
Io e Francesco ci siamo incontrati all'inizio del lontano 2008, in un locale di Parma che allora aveva appena aperto, il MateriaOFF. Il Pelo mi diede il suo demo appena registrato. Quando ci incontrammo di nuovo ne parlammo a lungo. Gli dissi un sacco di cose sul suo demo, che mi era piaciuto sì e no. Lui mi odiò e mi offrì da bere. "Almeno non hai fatto come gli altri, che mi han detto che era carino". Fu così che iniziò la nostra amicizia.
Abbiamo collaborato un milione di volte, prima dal vivo con il nostro comune amico Andrea Peracchi (il terzo misterioso individuo nel filmato qui sopra) - un poeta che aveva condiviso con me il progetto de La causa persa - e poi indagando l'universo del canto popolare con il progetto Il Canzoniere delle Stagioni. Rivisitammo un fottìo di canti dal repertorio dei Dischi del Sole, e non solo. Li riarrangiammo per due voci e fisarmonica, con l'aiuto di Alessandro Stocchi degli Emily (che tra l'altro col Pelo ci lavora ancora).




Live alla Latteria 65, Parma

Con quel trio suonammo quasi ininterrottamente per mesi, tra il 2009 e il 2010. Nel 2011, volendo lasciare una testimonianza di quell'esperienza, registrammo un CD del progetto.





Il Pelo è un grande scrittore di canzoni, e un interprete travolgente, soprattutto dal vivo. Ma per me è prima di tutto un amico, con cui ho condiviso tanta strada. Una strada ricca di soddisfazioni, di cambiamenti, anche di dolori condivisi. Tutto questo ha creato un'unione forte tra me e lui, nonostante le tante differenze tra un mistico trascendentale come lui e un ateo razionalista come me. È per questo che, dopo tutto questo tempo, sono felicissimo di averlo ancora accanto nella nuova avventura di Testuggini.

mercoledì 5 giugno 2013

TAMPERDU' - Il primo singolo è online!

Da oggi sul sito ufficiale un'anteprima del cd Testuggini, in uscita il 28 giugno

All'indirizzo www.testuggini.net (ma anche direttamente da questo post) è finalmente possibile ascoltare e scaricare il primo singolo estratto da Testuggini, il mio prossimo album. L'avete già sentito in un video girato dal vivo, che è un po' diverso. Tamperdù sarà il pezzo di apertura del CD: è una canzone dal testo denso e onirico. L'atmosfera è quella della canzone d'autore più classica. Il brano è stato arrangiato e suonato interamente da me: bouzouki greco, chitarre acustiche ed elettriche, basso. Come avevo preannunciato, ho scelto di pubblicare le anteprime del mio disco gratuitamente tramite soundcloud, e di diffonderle su facebook e twitter, oltre che attraverso il sito www.testuggini.net e questo blog. Pubblicherò altri due brani in anteprima, il 17 giugno e il 26 giugno.

Il 28 giugno 2013, come sapete, ci sarà la presentazione ufficiale di Testuggini. Vi ricordo che l'evento avrà luogo presso il ParcoVigna del Mulino di Torrechiara alle 21.30. La serata sarà introdotta da Marina Fava, conduttrice di Segnali d'Uscita su Radio Rumore e collaboratrice della Gazzetta di Parma. Dopo una breve intervista inizierà il concerto, in cui sarò affiancato da alcuni ospiti: Enrico Fava, pianista di Maninblù e Anime Salve, che ha collaborato al brano Ultimo valzer per F. D.; Francesco Pelosi, che firma Ode alla giovinezza, in cui duetta con me; e Attilio Poletti, oggi leader degli EUA, col quale mossi i primi passi nella musica ormai dieci anni fa, nel gruppo I Preadamiti.

domenica 2 giugno 2013

RIGOLETTO RECORDS: UN PROGETTO DAL BASSO PER LA CANZONE D'AUTORE

Era l'estate del 2010 quando mi ritrovai attorno a uno stesso tavolo con alcuni cantautori parmigiani. Eravamo reduci da una serata-tributo a Bob Dylan dove ci eravamo esibiti tutti. Reclutati da Alberto Padovani, leader dei Maninblu, nel cortile della biblioteca si erano esibiti Ugo Cattabiani, Francesco Pelosi, Giovanna Dazzi, Emilio Vicari con Sara Chiussi, e lo stesso Alberto con il sempre ottimo Enrico Fava. A cantare con me era salita sul palco l'amica Federica Volta. A presentare la serata era stato Pierangelo Pettenati, anima rock del giornalismo parmigiano.





Dylan, come un buon vino, mette d'accordo tutti: la serata infatti andò benissimo, senza intoppi e con un senso di compartecipazione molto forte. Ci divertimmo e ognuno riconobbe negli altri uno spirito simile al proprio. Nella diversità di stili, l'anelito verso la ricerca di una qualità che andasse oltre il mero intrattenimento era unanime. La chiacchierata attorno al tavolo alimentò la convinzione di essere un insieme speciale di persone, che era meglio che non si perdesse di vista. Fu più o meno così, dopo una serie di battute lanciate a tavola, che l'idea di formare un consorzio di cantautori parmigiani prese piede per davvero. Dal dicembre del 2012 ci siamo costituiti associazione culturale. Oggi Rigoletto Records comprende 11 artisti.





Alcuni di questi 11 artisti si sono ritrovati ieri a Reggio Emilia, presso la libreria Infoshop, a presentare la nostra compilation, che abbiamo dato alle stampe a dicembre. A farci da padrino un ospite d'eccezione, un musicista reggiano da sempre estremamente attento alla musica d'autore, e in generale alla musica di qualità: Gigi Cavalli Cocchi, batterista dal curriculum sconvolgente e persona di una disponibilità squisita. Gigi ha raccontato la musica di qualità dal suo punto di vista privilegiato; ne ha tracciato un quadro poco felice, ma ricco di speranze per il futuro. Speranze che risiedono in realtà come quella di Rigoletto Records, che nel tentativo di costruire dal basso riescono a suscitare l'interesse di un pubblico sempre più vasto, per quanto di nicchia. Ha parlato dei suoi progetti correnti, Mangala Vallis e Lassociazione, e della sua recente collaborazione coi miei amici Me, Pek & Barba (coi quali ho suonato violino, mandolino e chitarra dal 2007 al 2010). Per la scuderia Rigoletto erano presenti, oltre ovviamente al sottoscritto, Ugo Cattabiani, presidente dell'associazione nonché ideatore del progetto; Diego Baruffini, tesoriere del gruppo nonché ottimo chitarrista e songwriter; Francesco Pelosi, artista che non ha bisogno di presentazioni (ma a cui ne dedicherò comunque una a parte, perché ha un ruolo cruciale in Testuggini); e Alessandro Casappa, storico collaboratore di Ugo, songwriter d'ispirazione classica.



Nella foto: Francesco pelosi, il sottoscritto al bouzouki, Ugo Cattabiani e Gigi Cavalli Cocchi.


Abbiamo intrattenuto il pubblico con un paio di pezzi a testa. Siamo stati ascoltati, applauditi, apprezzati. Una cosa che non succede spesso. Di questo dobbiamo essere grati, oltre che al pubblico d'eccezione, al luogo dove si è svolto l'evento: Infoshop è una libreria dove la realtà sembra fermarsi. Un luogo in cui il rumore resta all'esterno, in cui i libri non sono i successi dopati di Feltrinelli e Mondadori, ma parlano ancora di attualità, di filosofia, di pensiero, al di là del mero intrattenimento cui il libro è relegato oggi. La libreria propone anche una vasta scelta di CD, che spaziano dalla canzone d'autore più recente alla gloriosa epopea civile dei Dischi del Sole e altre opere di stampo popolare. Inutile dire che io e Francesco Pelosi ci abbiamo sguazzato dentro alla grande (chi non sapesse perché, pazienti qualche giorno, parlerò di ciò che io e Francesco abbiamo combinato in passato).
La serata si è conclusa con una pizzata. Gigi è stato dei nostri (anzi, a onor del vero aveva prenotato lui) e abbiamo chiacchierato per tutto il tempo dei nostri amici in comune, dei nuovi progetti in corso, delle mille iniziative e idee che Gigi ha per la testa e per le mani. L'intesa è forte e ho la sensazione che tra Rigoletto e Gigi le cose non finiranno qui.
Alla pizzata eravamo talmente in chiacchiera che nessuno ha pensato a scattare una foto. Abbiamo astutamente recuperato la manchevolezza in tutta fretta nel parcheggio buio della pizzeria, e questo è il risultato.


Da sinistra, Alle Casappa, Ugo Cattabiani, Gigi Cavalli Cocchi, e il sottoscritto.



ULTIM'ORA: andando completamente fuori tema rispetto al post, ma in tema con Testuggini, do la notizia che dalla metà della prossima settimana i primi preascolti saranno disponibili su soundcloud e youtube. Ne darò la comunicazione ufficiale sul blog, su facebook e su twitter.

A presto con nuove avventure!